Un altro giorno è andato e la sua musica ha finito.
Un divano, un bicchiere di vino e l’aria colma del profumo della primavera che ha appena bussato alle porte.
Il sole sta tramontando e uno degli ultimi raggi di sole illumina gli acquisti del giorno precedente.
Play nel cuore, e la voglia di creare qualcosa di bello, qualcosa di nuovo, nella testa.
Siamo nell’era digitale, tutto è a portata di mano, chi ci frena più?
Apro Facebook. Blu e bianco dipingono il volto e il monitor.
“Ciao, ho un’idea in testa e mi piacerebbe parlartene. Che ne dici se ci vediamo domani?”
Tanto diretto, tanto banale.
Il sole si nasconde dietro le montagne.
Gli acquisti ora sono in ombra.
È tempo di metterli al loro posto.
Alcuni messaggi, due chiacchiere rubate durante un caffè e la promessa di impegnarsi in un nuovo viaggio.
In quattro a voler condividere l’esperienza, in quattro a voler metterci la faccia.
Tutto è ancora un’idea. Un’idea senza un nome, un’idea senza dei tavoli, un’idea senza del seguito.
Certo, i giochi non sono un problema.
Decidere quali presentare lo è.
Dubbi, domande, incertezze.
È l’ora del nostro incontro, nello stesso locale a cui avremmo poi proposto la nostra idea.
Noi quattro davanti a tre birre e uno spritz.
Noi quattro davanti all’embrione del nostro progetto.
Noi quattro davanti alla posa della prima pietra.
“Va bene, ci vediamo tra un mese”.
Quindi come lo chiamiamo?
Che logo ci mettiamo?
Facciamo una pagina su Facebook?
Facciamo un bot su Telegram?
Apriamo un sito?
Pioggia di idee, come quella dettata dalla vodka seguita dalla birra.
Siamo in quattro. È notte, e siamo veramente stanchi.
Tanto stanchi quanto eccitati.
Scrivo a chi ci ha dato fiducia
“Grazie ancora”
Ludimus.
La chiameremo Ludimus.
“Noi giochiamo”, in latino.
Alla fine giocare è quello che facciamo, no?
Il latino fa così classy.
L’evento è andato bene, tanto bene, anche troppo, rispetto quello che ci eravamo posti.
Trentatré persone che ci hanno dato fiducia,
Trentatré persone pronte a scoprire cosa avevamo in mente.
Trentatré fa così trentino.
Sorrisi, pinte di birra e complimenti su tutti i tavoli.
“Ancora un attimo, finisco di spiegare qui e arrivo”.
Quante volte l’ho detto?
Non riesco a ricordare.
Non riesco a dormire.
Troppa adrenalina, troppa contentezza.
La luna invecchia e il suo pallore illumina le borse dei giochi, ancora caldi.
Un letto, un bicchiere d’acqua sul comodino e l’aria colma del profumo della primavera nel pieno del suo splendore.
Un altro giorno è andato e la sua musica ha finito.