ludimus

Rerum Ludicarum Fragmenta

Frammenti di poesia sull'unico argomento di cui valga la pena parlare

Per allietare i vostri pomeriggi vacanzieri, i presentiamo oggi due sonetti duecenteschi del tutto inediti, strappati di nascosto dall'edizione 2020 dei più rinomati libri di testo per le Scuole Superiori.

Il primo – che i critici a buon diritto considerano l’antecedente del sonetto Tanto gentile e tanto onesta pare – rientra nel genere dello stilnovismo ludico e ha per tema l’amore del sommo poeta nei confronti del suo dado, irriducibile strumento di sconfitta per i suoi avversari, odiato per questo da tutti in ogni taverna in cui il poeta giochi. Egli, nondimeno, apprezza le qualità di cui il suo dado è intriso, prima fra tutte la Fortuna (qui intesa nel suo duplice significato, in quanto vox media, di “fortuna” ma anche “sfortuna”).
Dante, supposto autore del sonetto, precisa che il dado è subdolo, ingannevole verso chi presume di potersi affidare sempre ad esso. Sembra tuttavia implicito un giudizio positivo nelle parole finali, dove il poeta sceglie di rappresentare il suo dado come se possedesse una volontà propria. Questo giudizio non implica arrendevole sottomissione nei confronti del potere assoluto del dado, quanto piuttosto il riconoscimento di tale potere, che costituisce anche il primo passo per non subirne passivamente gli effetti. Vane restano perciò le maledizioni proferite dagli stolti che non ne riconoscono l’irrefrenabile indipendenza: il dado, come suggerisce la frenetica successione di subordinate consecutive, continuerà inesorabilmente a rotolare, come è giusto che sia in ogni American che si rispetti (la chiusura forse legittima l’ipotesi che Dante preferisse quest’ultimo genere ludico rispetto al German, probabilmente perché gli American saranno scoperti solamente nel 1492).

Schema delle rime: ABBA – ABBA – CDE – EDC

Tanto aleatorio e tam funesto pare,
lo dado mio, quand’ello altrui illude,
ch’ogne auspicio malignamente elude
e ciascuno il vuol tam vituperare.

Ello si va, sentendosi infamare,
subdolamente di Fortuna intriso,
e par che sia ad ogne uomo inviso:
da nord a sud tutti il vòn denigrare.

Mostrasi sì inclemente se l’ingiurian
ch’el partorisce risultati neri
che ’ntender no li può chi no li prova.

Ed esso ad ogne lancio li rinova,
malgrado maldicenze ed improperi,
e par che gridi al mondo: Américan!

Nel sonetto seguente, il poeta goliardico Cecco Angiolieri sovverte le tradizionali tematiche della lirica amorosa, che proponevano la donna come creatura angelica e salvifica, che avvicinava l’uomo a Dio. La donna scompare dai versi dell’autore, a vantaggio esclusivo degli strumenti del divertimento ludico, ovvero il meeple, l’immancabile birra d’accompagnamento e il dado (allusione al suo gradimento indifferenziato per ogni genere di giochi, purché allietati da una fresca bibita simposiale). Il gioco da tavolo è dunque immortalato nella sua concretezza fisica, negli oggetti che materialmente lo costituiscono e ne allietano lo svolgimento. Il poeta brama di poter acquistare sempre più titoli per incrementare la sua collezione. Ma sulla felice realizzazione delle sue intenzioni ludiche incombe la presenza paterna, che giudica dall’alto l’inconcludente figlio, dedito solo a sperperare il denaro senza lungimiranza. Il poeta lamenta perciò l’avarizia del “padre suo”, e dichiara di preferire, all’assistenza della fortuna materiale paterna, l’assistenza della Fortuna personificata al tavolo da gioco: l’unica donna di cui abbia davvero bisogno!

Schema delle rime: ABAB – ABAB – CDE – CDE

Tre cose solamente m’enno in grado,
ch’en voglio me in etterno refornire,
cioè lo meeple, l’IPA media e ’l dado:
queste mi fanno ’l cuor lieto sentire.

E non mi garba le comprar di rado:
lo giuoco nuovo intendo reperire,
per cui a Lucca e a Mantüa men vado,
pel mio sollazzo e per altrui schernire.

«Figliuolo mio, ludigno e sperperoso,
di mia fortuna se’ la mala nova,
che scialacquando al mondo vai a iosa!»

Il padre mio, avaro e pernizioso,
di sua fortuna faccia quel che il giova:
a me Fortuna al giuoco sia preziosa!

Emanuele

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