Stasera sono andato ad una serata di un’associazione qui nella mia città, da solo. Era la prima volta che andavo ed era la prima volta che iniziavo una serata non in gruppo.
Mi reco lì presto, ora di cena circa. Non c’è molta gente: Entro un po’ timoroso nel locale e mi siedo al bancone; ordino da bere e mi guardo intorno per vedere a cosa giocano tutti e che giochi ci sono: ne conosco alcuni, altri invece… Mai visti, ma sembrano interessanti.
Una ragazza tutta sorridente mi ha visto che guardavo intorno e mi domanda subito se ho voglia di giocare a qualcosa. Non sono ancora pronto e le dico che prima ho intenzione di finire il bicchiere. Un po’ delusa, cede e si allontana verso un altro gruppo appena entrato.
Un po’ mi spiace per lei, ma dopo un po’ passa un altro ragazzo dell’associazione, alto e grosso come un armadio, che mi indica una scatola e mi dice che ad un tavolo manca un quarto giocatore e che, senza, il gioco non è la stessa cosa. Mi chiede quindi se voglio aggiungermi.
No! Ancora troppo presto! Gli mento dicendogli che sto aspettando degli amici e così anche lui cede facilmente.
Dopo alcuni minuti, il bar si è iniziato a riempire: i pochi posti a sedere si contano sulle dita di una mano. La ragazza sorridente di prima ritorna all’attacco, facendomi notare che il bicchiere adesso è vuoto.
Cedo e la seguo: mi porta al tavolo insieme ad altre quattro persone: tre maschi e una ragazza dagli occhi di ghiaccio. Quegli occhi mi ipnotizzano: non sento neanche la spiegazione del gioco, forse so addirittura già giocarci, ma in quel momento non capisco più niente.
La serata passa velocemente e probabilmente ho giocato male. Sono sulla porta del locale e mi passa a fianco il nerd misura armadio. Mi saluta, portando via uno scatolone di giochi, poi ritorna indietro chiedendomi com’è andata. Mi pubblicizza tutti gli eventi che l’associazione fa e mi butta lì una frecciatina circa quei miei amici che stavo aspettando e che ovviamente non sono mai arrivati.
Mentre mi parla, il gruppo con cui ho giocato ci passa affianco e mi saluta. Li saluto mostrando tutta la decisione che non ho, e guardo per l’ultima volta la ragazza dagli occhi di ghiaccio mentre esce dal locale.
Si fermano, e mentre vengo assalito dalle parole del gigante nerd, ad ogni apertura della porta sbircio fuori, alla ricerca di quegli occhi così innaturali, da quanto sono belli. La vedo come in fotogrammi, poche scene. Vorrei andare lì e abbracciarla, ma non posso. L’ultima cosa che vedo è un braccio del ragazzo vicino a lei che le si posa intorno al collo e poi solo il buio della notte.
Saluto tutti i ragazzi dell’associazione con un ciao corale, sperando non mi fermino per altre richieste e scappo fuori dalla porta, da solo.
La camera che ho affittato per la notte è calda e accogliente e il fatto che non ci siano troppi rumori mi aiuta a rilassarmi. Non prendo sonno, perché ripenso alla serata e alle cose che ho detto e mi dispiaccio di non essermi buttato subito nella mischia. Poi, prendo sonno e tutti i problemi spariscono.
Sparisce proprio tutto.
Non vedo niente. Sono su una spiaggia da solo, ma è una spiaggia strana, i colori non sono quelli normali, mi ricorda il pianeta di Namek.
Sono su un altro pianeta? E come ci sono arrivato? Mi preoccupo, ma poi mi rassicuro nel vedere un qualche mezzo di trasporto. Una specie di auto futuristica che non vedo l’ora di provare!
Ma non faccio in tempo ad avvicinarmi, che qualcosa cattura la mia attenzione: un ragazzo corre verso di me, terrorizzato. Gli vado incontro, mentre lui mi fa segno di togliermi di mezzo e di scappare; dietro di lui vedo muoversi quelli che sembrano gli alberi di una giungla molto oscura.
Scappo anch’io come il ragazzo, senza più voltarmi. Sento dietro di me delle urla di dolore; il panico mi avvolge, ma il mezzo parte facilmente, come fossi in auto... Anzi, in effetti sono in auto.
Questa è la mia macchina! Ora capisco perché riesco a guidarla con facilità. Così, mi allontano il più in fretta possibile.
Arrivo in un luogo che non mi è per niente familiare, non mi ricorda niente che posso aver già visto. Sono di nuovo solo, o forse no: qualche colpo di tosse mi fa voltare.
Vedo una ragazza che sorregge un ragazzo ferito. Si avvicinano a fatica a me. Mi chiedono se sia andato via.
Gli domando di chi stiano parlando, pensando al ragazzo che avevo visto prima. La ragazza mi guarda spalancando gli occhi incredula. occhi di ghiaccio! Rimango incantato.
“Ma come chi? La creatura ovviamente” mi risponde lei, facendo sdraiare delicatamente il ragazzo per terra, “io e gli altri ci siamo divisi per non farci prendere, ma è servito a poco” mi spiega.
Ascolto il racconto di come siano arrivati su questo pianeta solo per metà, rapito come sono da quegli occhi. Le uniche cose che capisco sono che quel pianeta è ostile, che siamo braccati da una creatura e che l’unica via di salvezza è continuare a spostarsi e non trovarsi insieme nello stesso luogo.
La ragazza dagli occhi di ghiaccio guarda l’orologio e, decisa, dice che è ora di andare. L’aiuto a caricare il ragazzo ferito sulla macchina e partiamo.
Seguendo le sue indicazioni ritorniamo sul luogo da cui ero partito. Prima non avevo notato un‘antenna vicino al bagnasciuga della spiaggia: “voi rimanete qui, io vado a mandare il segnale per farci prelevare” dice autoritaria Occhi di Ghiaccio.
Passa qualche momento silenzioso, durante il quale mi faccio forza e mi dico: “quando sarà tornata, potrò parlarle di nuovo.” Allora, forse, le potrò dire cosa provo.
Ma poi… un urlo agghiacciante mi traversa la testa da orecchio a orecchio. Un brivido mi cola lungo la schiena raggelandomi il sangue: la creatura deve aver colpito Occhi di Ghiaccio. Parto alla guida del veicolo, dirigendomi verso l’urlo, ma vengo interrotto subito dal ragazzo ferito, che mi strattona per un braccio urlandomi di non andare.
Non lo vorrei ascoltare ma la ragione vince sull’impulso.
Le urla smettono da lì a poco.
Il ragazzo si è ripreso e insieme possiamo andare verso un punto di ritrovo con gli altri sopravvissuti.
Eravamo inizialmente in sei, mi fa capire, e quindi tolto il ragazzo che ho incontrato all’inizio e Occhi di Ghiaccio, siamo rimasti in quattro. Sembra capirmi al volo, il ragazzo, e mi dice che non devo preoccuparmi. Infatti arriviamo ad un accampamento e lì vicino assisto ad uno spettacolo impossibile: delle creature mai viste, che assomigliano a degli animali marini si muovono nell’aria come se nuotassero. La sensazione di quel posto è di pace.
Mi guardo intorno con lo sguardo di un ragazzino e poi i miei occhi cadono su due stelle brillanti: Occhi di Ghiaccio. Era ancora viva. Ma come è possibile?
La inondo di domande a cui lei non fa neanche caso. Sembra proprio che non senta tutti i miei quesiti e non si accorga della mia preoccupazione.
Insieme, saliamo su un albero che sembra infinito. Inizialmente ci arrampichiamo per i rami, dopo di che compaiono delle scalinate a chioccola di legno e così raggiungiamo la cima. Da quella, riusciamo a scorgere tutta la foresta.
Improvvisamente, un enorme lampo squarcia il cielo e la foresta inizia a prendere fuoco: le fiamme divampano nella nostra direzione e improvvisamente mi prende il panico. Essere in cima ad un albero altissimo mentre la foresta è in fiamme non è il massimo, dopotutto. Così, mi tuffo per scendere il prima possibile e, incredibilmente, mi ritrovo già a terra.
All’improvviso sono da solo in una scuola, stile giapponese, con porte scorrevoli e grandi vetrate. Entro in una classe e mi nascondo, perché sento di essere seguito. Scaravento un banco a terra e mi ci butto dietro, cerco di trattenere il respiro.
Sento che nella stanza non sono più solo: la creatura mi ha seguito fin qui, ne sono certo.
Poi vedo lei, nascosta come me, solo una fila di banchi più in là: i suoi splendidi occhi, spalancati, risultano ancora più belli. La sua faccia, tesa in una smorfia, è spaventata; anzi, terrorizzata.
Fisso quegli occhi per tutto il tempo, mentre vengono trascinati via e mi fissano, perforandomi il cuore e l’anima. Sembrano dirmi, quegli occhi: “aiutami” e io invece rimango fermo, pietrificato dalla paura.
Scappo, corro per il lungo corridoio della scuola, nella direzione opposta in cui è andata la creatura con Occhi di Ghiaccio. Sono rimasto solo io? Sono spariti tutti? Possibile che nessuno ci senta e ci venga ad aiutare? No! Non sono da solo, non sono mai stato da solo.
La creatura è davanti a me: sono così inerme che mi inginocchio davanti a lei: sono stanco di scappare.
Ho paura di guardarla, so che al solo sguardo avrò ancora più terrore, ma mi sforzo di farlo e… l’unica cosa che mi rimane impressa sono i suoi occhi gialli che risplendono nella penombra, come fossero due fuochi accesi.
Poi, mi sveglio. Nella mia stanza, da solo, tutto sudato e spaventato.
Rimango sveglio ancora per un po’. Ricevo un messaggio di D: “come è andata la serata?” Sorrido.
“La prossima volta vengo anch’io” mi scrive, e mi rendo conto di non esser mai stato davvero solo.